Alla base della crisi tra il Comune e la Koppel non vi fu solo l'insolvenza
dei canoni annui pattuiti. Del resto un servizio tramviario che rispondeva
ad una domanda solo stagionale, e per giunta medio/bassa dei cittadini
leccesi, non poteva garantire alla ditta esercente nemmeno i ricavi sufficienti
a coprire le spese di esercizio. Solo lo sviluppo dell'erogazione della
luce elettrica, con l'aumento degli utenti e dei canoni, avrebbe potuto
sopperire al deficit dell'esercizio tramviario. Il Comune, d'altro canto,
che attraversava una stagione amministrativa difficile sul piano politico
e finanziario, non poté soddisfare gli impegni assunti con il contratto
di concessione che nel corso degli anni fu rivisto e modificato più
volte [41].
I socialisti leccesi, relativamente ai servizi della tramvia e
dell'illuminazione elettrica della città, ne fecero una battaglia
politica contro l'amministrazione clerico-moderata di Giuseppe Pellegrino
che dal 1908 al 1911 governò per la seconda volta il Municipio.
La prospettiva di un rilancio della tramvia elettrica poté trovare
nella legislazione sulla municipalizzazione dei servizi pubblici, varata
da Giolitti con la legge 20 marzo 1903, n. 103, una soluzione alla complicata
situazione, dovuta soprattutto alle clausole e ai vincoli contenuti nella
concessione alla ditta Koppel [43].
Nel quinquennio 1903-1908 il problema della municipalizzazione dei servizi del Comune di Lecce si era imposto all'attenzione delle forze politiche cittadine. |
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Un tentativo di riscatto era stato già offerto al Comune di Lecce dalla società tedesca all'indomani dell'emanazione del regolamento esecutivo della legge sulla municipalizzazione [44]. Il Comune, però, stretto da una situazione economica deficitaria e nell'incertezza del quadro politico-amministrativo della città, non prese in considerazione la proposta della Koppel, non riuscendo a utilizzare l'opportunità offerta dalla nuova legge sulla municipalizzazione.
Agli inizi del Novecento la città di Lecce presentava una fisionomia profondamente mutata sia sul piano demografico (la sua popolazione nel 1901, con 32.029 abitanti, era aumentata del 25,8% rispetto al 1881), sia su quello urbanistico (gli sventramenti e gli allineamenti avevano rimodellato il centro storico e la costruzione di nuovi quartieri aveva allargato la periferia), sia sul piano politico e amministrativo (si andavano affermando, accanto alle vecchie forze liberali, nuovi soggetti politici, come il movimento cattolico, quello socialista e radicale), sia, infine, sul piano più specificatamente sociale (era cresciuta una nuova domanda di lavoro di vasti strati della popolazione, di nuove esigenze di servizi, di consumi, ecc.). Paradossalmente proprio nel momento in cui il ruolo del governo cittadino veniva esaltato dalla legislazione giolittiana, per certi versi nuova e inedita nel panorama nazionale, il Comune di Lecce, che aveva alle spalle un retroterra di buon governo cittadino, conosciuto nella seconda metà degli anni Novanta, faceva registrare il punto più basso della sua presenza e del suo ruolo nella società. Si era polarizzato lo scontro sociale e politico che aveva portato il Comune all'immobilismo amministrativo, basti pensare che tra il 1900 e il 1908 si susseguirono alla guida del Comune otto sindaci e quattro commissari prefettizi [45]; i bilanci comunali non venivano più approvati, il disavanzo si faceva sempre più ingente e incolmabile, le ditte fornitrici rivendicavano crediti per le insolvenze comunali, i servizi pubblici diventavano sempre più carenti e precari [46].
All'interno di questo quadro di riferimento la soluzione del contenzioso con la ditta Koppel, che significava il rilancio dei servizi del trasporto, dell'illuminazione e della fornitura del gas, diventava prioritaria. Essa richiedeva un nuovo periodo di stabilità politica, di determinazione amministrativa, di un progetto di rilancio della città.
Chi riuscì, ancora una volta, a risollevare le sorti finanziarie
del Comune e a portare a soluzione il riscatto dei servizi pubblici, fortemente
condizionati da una complicata situazione tecnica e giuridica, fu -come
abbiamo accennato- Giuseppe Pellegrino, che nel 1908 riconquistò
palazzo Carafa con una coalizione demo-cattolica. Egli non accettò
la carica di sindaco perché incompatibile con quella di deputato.
Si fece nominare, come consigliere anziano, prosindaco, in modo da potersi
presentare alle elezioni politiche del 7 marzo 1909 che lo videro eletto
alla Camera dei deputati grazie al massiccio voto dei cattolici [47].
I rapporti tra il Comune di Lecce e la ditta tedesca erano giunti "alla massima tensione". Qualsiasi tentativo di componimento era risultato vano, per il fatto che il Comune "si ostinava" a fare ricorsi in giudizio contro presunte o vere inadempienze della ditta tedesca, da cui risultava sempre perdente, e cercando di "sottrarsi all'obbligo del pagamento del suo debito". Un'ulteriore sentenza del tribunale, infatti, aveva condannato il Comune "ai danni derivanti da tale risoluzione e si dava la facoltà alla ditta di sospendere l'esercizio della luce e della tramvia". Fu necessario -secondo quanto scriveva lo stesso Pellegrino- riprendere i contatti con la Koppel, riconquistare la fiducia della ditta tedesca e dimostrare che l'effettiva volontà dell'Amministrazione comunale era quella di giungere ad un componimento amichevole. "Cominciammo dal pagare puntualmente -scriveva Pellegrino- quanto le era annualmente dovuto per consumo di luce e per sussidio alla tramvia". Nel 1909, infatti, si giunse alla stipula di un compromesso per il riscatto, "fatto in base alla legge sulla municipalizzazione e su quella dei precedenti contratti", che venne sottoscritto a Berlino tra lo stesso Pellegrino e i fiduciari della ditta [49].
Venne nominata dalle parti contraenti una commissione di tecnici e di
esperti per una valutazione degli impianti e della produttività
della tramvia e dell'illuminazione elettrica. Facevano parte della commissione
l'ing. Luigi Ferraris, professore al Politecnico di Torino, per conto del
Comune di Lecce; l'ing. Damioni di Venezia per conto della ditta Koppel;
il cav. Fucci, direttore generale della Società dei tram di Roma,
come terzo perito.
In quel periodo si intensificarono i rapporti tra il prosindaco Pellegrino e il rappresentante della ditta Koppel in Italia, rag. Benzoni, che venne a Lecce più volte per seguire direttamente le trattative, che si dimostrarono lunghe, difficili e laboriose [50], perché "da una parte il Comune non voleva spendere oltre una cifra; dall'altra la Koppel non trovava conveniente la cifra proposta". Si giunse sulla base delle perizie tecniche eseguite e dopo alterne vicende, alla proposta del Pellegrino di riscattare i servizi per una cifra a forfait di 1.860.000 lire; somma che tra interessi, accessori, debiti arretrati e parcelle dei legali, raggiungeva la cifra di oltre 2.630.000 lire. La Koppel accettò la cifra proposta, pur "essendo convinta che il valore attuale degli impianti -scriveva a Pellegrino- é più grande del prezzo offerto (e) per testimoniare a voi personalmente la nostra riconoscenza sincera". |