IL RECUPERO DEL PORTO ADRIANO
Nella seconda metà dell'800 il recupero del vecchio porto romano di "Adriano" a San Cataldo divenne l'obiettivo primario dei leccesi che sperarono così di operare una concorrenza commerciale e sottrarre a Brindisi il monopolio marittimo del Salento e della Puglia.

La realizzazione di un’impresa di così notevoli dimensioni, sostenuta dal Comune, dalla Provincia e dalla Camera di Commercio di Lecce, comportava la rimozione del fondo sabbioso del litorale, che non permetteva facili ancoraggi, e soprattutto il risanamento della zona circostante di San Cataldo, paludosa e malarica, che si estendeva per oltre 56 ettari.

L’amministrazione comunale di Lecce, durante il sindacato dell'arch. A. Guariglia (ottobre 1878 - agosto 1884), affidò lo studio del progetto dell'ancoraggio all'ingegnere capo dell'ufficio governativo di Bari, R. Cintio, il quale, nella sua relazione conclusiva, sostenne che non vi fossero le condizioni per poter riconvertire a fini commerciali il porto di San Cataldo. Sollecitava invece la classe dirigente leccese ad investire le risorse nella bonifica della zona, attraverso la costruzione di  strade per agevolare la colonizzazione di quelle terre e restituirle alla produzione agricola.
 

   Zoom  
La mappa del porto redatta dagli Ing.ri Cintio e Joni nel 1878,
con il tracciato del capolinea del progetto Macor-D'Elia
(Nostra elaborazione su disegno originale 
dell'Archivio Storico Comunale - Lecce)

Il Consiglio comunale non accettò le conclusioni del tecnico barese e ribadì di chiedere al governo nuovi studi per l'ancoraggio di  San Cataldo, un'opera "da lungo tempo e vivamente reclamata dal paese".