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25 giugno del corrente anno 1898, si è inaugurata la Strada ferrata
a trazione elettrica Lecce-S. Cataldo, la prima che sia stata costruita
nelle provincie a mezzogiorno di Roma non solo, ma anche, poiché
misura chilometri 12,700, la più lunga di quante finora ne furono
costruite in Italia.
Lecce, che dista circa 12 chilometri
dall'Adriatico e 23 dal Ionio, ha sempre desiderato di essere rapidamente
ed efficacemente posta in comunicazione col mare più vicino, e propriamente
con quella spiaggia di S. Cataldo ove, un tempo, sorgeva il suo antico
porto.
Questo, di cui Pausania ha lasciato
la descrizione, e pel quale l’imperatore Adriano fece costruire un magnifico
molo di cui sono ancora visibili i vestigi, fu porto imperiale nell’epoca
romana (cangiò il suo antico nome in quello odierno, dopo che, secondo
la pia leggenda, vi approdò nel IV secolo d. C. il vescovo S. Cataldo
che passò parecchi anni di vita eremitica in una piccola spelonca
vicina); fu poi i1 porto della Contea di Lecce e da ultimo appartenne all'Università
della Città.
Ma, col tempo, cominciò
a deperire. Nel 1507, l’Università chiedeva al governo che il porto,
del quale esponeva la importanza, anche non commerciale, con acconcie parole,
fosse riparato e ristaurato, come fu fatto. E si hanno notizie di altri
lavori e restauri che, dopo, vi furono fatti a spese dell’erario dello
Stato.
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Dopo il 1865, si pensò,
e di una volta, così a migliorare le condizioni dell’antico porto,
ridotto a non essere altro che un semplice approdo e per piccolissimi legni,
come a congiungerlo a Lecce mediante una strada ferrata.
Di questa l’ingegnere Carlo
Macor avea già compilato, e presentato al Sindaco nel 1881, un primo
progetto, quando cominciò a discutersi, e largamente, se convenisse
pensar prima ai lavori del porto o a quelli della strada o, come credevano
altri, si dovesse, invece, cominciare dal bonificare i terreni dell’agro
Leccese e, specialmente, quelli lungo la spiaggia di S. Cataldo designati,
in documenti ufficiali, luoghi di malaria gravissima. E mentre la
ditta Mollo di Napoli (1882) presentava, per mezzo dell’ingegnere Francesco
Bernardini, una proposta per la costruzione della strada al Ministero dei
lavori, il Consiglio Sanitario Provinciale dava il suo parere intorno alle
regioni affette da malaria lungo i versanti dei due mari.
Il 25 marzo 1882, in una numerosa
riunione di proprietari, di commercianti e di banchieri leccesi, si nominava
una commissione coll’incarico di provvedere alla costituzione di una società
anonima per azioni, col capitale di 400000 lire, per la costruzione della
strada ferrata Lecce-S. Cataldo. E poiché fu fatto credere che la
strada doveva, per legge, essere costruita dallo Stato col solo concorso
del Comune in 4/10
della spesa, così il Comune si affrettò a farne domanda al
Governo, presentando petizioni e documenti.
Dopo una prima risposta negativa,
o quasi, e le insistenze del comitato promotore e la presentazione di nuovi
e numerosi documenti, il Governo si dichiarò disposto a concedere
al Comune, e per 35 anni, un sussidio di lire 1000 a chilometro, richiedendo
la presentazione del progetto tecnico particolareggiato.
Questo venne compilato dagli
ingegneri Macor e D’Elia e fu trasmesso al Ministero nel 1884, ma sopravvennero
parecchi incidenti e nuovi ostacoli.
Quasi contemporaneamente, venivano
presentate al Comune domande per la concessione della costruzione e dell’esercizio
di una strada ferrata economica Lecce-S. Cataldo, e altre domande vi furono
nel 1887, ma a nulla approdarono. Nel 1891, molti cittadini leccesi si
rivolgevano, chiedendo che il problema fosse risoluto, alla loro rappresentanza
municipale, alla quale, nel tempo stesso, erano presentate nuove domande
della concessione anzidetta.
Fu allora che l’amministrazione
comunale credette opportuno di compilare un capitolato che potesse servir
di base alla concessione della strada.
Non mancarono domande di concessione
a condizioni un po’ diverse da quelle deliberate dal Comune, ma, finalmente,
nel 1896, il Consiglio Comunale deliberò la concessione all’ingegnere
Pasquale Ruggieri della costruzione e dell’esercizio di una tramvia a vapore
Lecce-S. Cataldo, secondo la proposta che ne avea fatto la Giunta, relatore
il Sindaco avv. Pellegrino, nella sua proposta di Bilancio del 1896.
Stipulato il relativo compromesso,
l’ingegnere Ruggieri concepì l’idea di sostituire la trazione elettrica
a quella a vapore, e, associatosi al signor A. Koppel di Berlino, ne fece
formale proposta al Comune che l’accolse volenteroso. Così fu stipulato
l’atto del 24 agosto 1897 col quale i signori Ruggieri e Koppel si assunsero
la costruzione e l’esercizio della tramvia elettrica Lecce-S. Cataldo per
la durata di 60 anni.
Il sogno di tanti anni diventa
oggi una realtà. E se Lecce si avvicina al mare e ne spera, non
a torto, varii e non lievi vantaggi ; se la tramvia elettrica che congiungerà,
quanto prima, l’Atene delle Puglie a quello che fu e tornerà ad
essere il suo porto, potrà essere feconda di grandi beneficii (e
primo fra tutti il completo bonificamento delle plaghe paludose del suo
territorio) per una città che non fu e non vuole essere seconda
ad altre in ogni progresso materiale e morale; se difficoltà non
lievi furono vinte e la utopia di ieri è diventata la realtà
dell’oggi, il merito ne è dovuto da una parte all’Amministrazione
Municipale con a capo il Sindaco Giuseppe Pellegrino e dall’altra all’impresa
Ruggieri-Koppel (Lecce-Berlino).
L’ardita iniziativa di questa
congiunge Lecce al mare con la più lunga strada a trazione elettrica
che sinora si sia costruita in Italia, e lo fa superando ostacoli e difficoltà
non lievi, e (bisogna notarlo) con un contratto che, lodato da persone
competenti, non espone il Comune né ad alee imprevedute né
ad oneri che, pur non essendo alti, non siano giustificati dai vantaggi
che l’opera produrrà alla città di Lecce.
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